Il mio addio a una tastiera magica

“È la bacchetta a scegliere il mago, signor Potter. Ma la tastiera, quella la sceglie il copy.”  
(semicit.) 

Venerdì si è rotta la mia fidata tastiera. Dico fidata perché se ci penso mi rendo conto che eravamo insieme da quando ho scritto la mia tesi di laurea triennale sulla figura dell’inetto in Svevo e Tozzi (avete appena sbadigliato, vi ho sentito).

Perciò aveva all’incirca una decina di anni, mese più, mese meno.

Perché ho aspettato fino all’ultimo per sostituirla? Perché non ho fatto come tanti altri, che cambiano gli hardware come fossero mutande?

La risposta è nella terza riga. Era la mia tastiera.

Anzi, per salutare una vecchia amica, voglio passare alla seconda persona singolare. Voglio darle del tu.

Cara la mia tastiera. Ti conoscevo bene, come una di famiglia.

Eri una tastiera semplice, coi tasti a posto. Sapevo sempre come raggiungerli. Con il pollice sinistro avrei trovato la barra spaziatrice anche nel buio della caverna di Gollum. E con l'indice sinistro volavo rapido sul tasto ⊞ Win e mi spostavo nei programmi in background che era una vera bellezza.

Eri tu, la tastiera giusta. Sembravi fatta apposta per le mie mani. Eri grande ma non troppo, così potevo raggiungere ogni tuo tasto senza difficoltà e senza disarticolarmi le dita.

Ma eri messa male ormai, cara la mia tastiera. Le tue lettere bianche sui tasti neri stavano sbiadendo, come le scritte sull’Unico Anello.

La C, per esempio. Ma anche la W, la A, la S e la D, che sono i tasti che uso di più perché sono anche quelli con cui si muove un avatar digitale (già, eri una tastiera ibrida, perfetta per un copy nerd che nel weekend spara contro banane-soldato su Fortnite).

Cara la mia tastiera, dovevi proprio romperti in un momento cruciale, vero? Proprio nella settimana in cui dovevo scrivere a perdifiato per rispettare una deadline.

Mi hai costretto ad uscire di casa, a raggiungere il primo negozio di tecnologia del quartiere a raccattare la prima tastiera capitata sottomano. Una tastiera che non mi ha dato alcuna scelta, di una marca mai sentita prima.

Sarà buona, sarà cattiva? Lo scoprirò solo scrivendo.

Di sicuro, è una tastiera diversa. Compatta, anche troppo per i miei gusti. Allungo un dito e ne premo tre.

E vogliamo parlare di quella barra spaziatrice? È così dura che devo premerla con forza per ottenere uno spazio, col risultato che di spazi me ne vengono fuori anche troppi.   Ecco, visto?

Che poi, mi conosco. Finirò con l’affezionarmi anche a questa. Perché adattarmi fa parte del mio lavoro di copywriter, perché ricominciare dal foglio bianco è il mio destino.

Perciò, fammi sentire come suoni, cara la mia nuova tastiera, che con un po’ di fortuna sarai la mia per i prossimi dieci anni.

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